Alla Casa delle Donne di Torino si legge JOËLLE, un romanzo di Agnese Seranis Piccirillo

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Agnese Seranis Piccirillo

Joëlle

romanzo postumo

introduzione di Luisa Corbetta

letture di Silvana Copperi

accompagnate all’arpa da Daniela Vendemiati

giovedì 10 dicembre 2009 ore 18,30

Salone dell’Antico Macello di Po

Torino

Via Matteo Pescatore 7

seguirà un aperitivo

e-mail: casadelledonne@tin.it sito: www.casadelledonnetorino.it

Agnese Seranis

JOËLLE

dall’ introduzione di NICOLETTA BONAPACE

In queste pagine Agnese narra la storia di un’infanzia senza tenerezza, senza alcuna dolcezza, deprivata di quell’amore e quella protezione che a ogni infanzia dovrebbe essere data e lo fa con un linguaggio estremamente sobrio, diviso in capitoli di breve e bruciante intensità, attenta a non scivolare mai in toni eccessivamente aderenti al dolore o alla rabbia dell’esperienza.

Agnese decide di ripercorrere, con sguardo lucido, una stagione della sua vita, dando a essa una casa di parole e il calore della memoria e pur nell’impossibilità forse di trovare una consolazione alla durezza estrema delle esperienze che l’hanno segnata, ha fiducia che la parola scritta possa dare a essa un’accoglienza che non ha ricevuto. …

Se nella scrittura c’è una qualche funzione riparatrice è grazie alla possibilità di esercitare, attraverso di essa, uno sguardo, se non di tenerezza, di pietas verso la propria storia. …

Attraverso la scrittura Agnese costruisce la possibilità di restituire uno sguardo amoroso, di profondo rispetto, a una bambina che ha conosciuto sguardi di disprezzo, di vergogna, e insieme a lei, restituirlo ad altre vite egualmente offese.

Agnese evoca infatti fin dal principio una giovane nera che abbandona il proprio paese, la propria lingua, i propri affetti, guidata da un sogno di riscatto.

La chiama Joëlle e a lei si rivolge, simbolo di tutte le vite che la società, così detta “civile”, spesso non considera degne di diritti, ascolto, attenzione.

Dalle parole di AGNESE:

Il panettiere sospettava, anche se non sapeva delle conseguenze, che non potevo toccare quel pane. E coglieva lo sguardo affamato della bambina. Così, talvolta, dopo avermi messo nel sacchetto le pagnotte concordate con mia madre ne aggiungeva una di più. Non diceva nulla: Mi guardava soltanto, in qualche modo complice. Credo che non lo facesse per carità ma solo per sorprendere nei miei occhi la luce bramosa per quella pagnotta in più che sarebbe stata mia: quel sentimento ambiguo che si prova nel gettare un osso a un cane.

La bambina fu subito circondata dalle compagne del dormitorio che la guardavano con aperta curiosità. Anche le sue lunghe trecce disordinate che le scendevano sulla schiena sino in vita sembravano stupire e far ridere.

Alzati e resta in piedi, ordinò la voce della direttrice. Si sentì arrossire. Le compagne ridevano e sarebbe stata oggetto dei loro pettegolezzi bambini: sai cosa ha fatto oggi la montanara? E giù a ridere.

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